E' con estremo piacere che vi racconto di un atleta di cui ho conosciuto la storia di recente e di cui mi sento in qualche modo conterraneo...
Nacque in val Chisone a pochi chilometri da dove io, molti anni dopo, sono cresciuto durante le vacanze estive.
Luigi Barral
qui di seguito posto l'articolo sulla sua storia preso dal sito http://miniolimpiadi11.eurosoft-web.it/barral.asp organizzazione sportiva che promuove lo sport in Val Chisone
Luigi Barral
nacque a Charjau (Roreto) nel 1907 da Celestino e Maddalena Brun.
Crebbe con la passione del ciclismo. Quando, adolescente, doveva
recarsi quotidianamente a Villar Perosa per ragioni di lavoro, lo faceva
ben volentieri, perché così poteva percorrere tutti i giorni una
trentina di chilometri col suo mezzo preferito: la bicicletta.
Quando non era impegnato dal lavoro, effettuava lunghe sgroppate
d’allenamento: il giro del Sestriere, le tremende rampe del colle delle
Finestre fino a Susa e ritorno, su strade che non conoscevano ancora
l’asfalto ed erano cosparse di ciottoli e buche.
Incominciò giovanissimo a correre e, naturalmente, a vincere,
perché nella zona era il più forte, particolarmente in salita, ove
doveva poi rivelarsi come uno dei più grandi specialisti degli anni ’30
non solo in Italia, ma anche in Ispagna e soprattutto in Francia.
Ricordiamo ancora la sua partecipazione al Giro del Sestriere del 1930,
vinto da Balmamion, sulla strada Nazionale tutta bruna perché asfaltata
di fresco.
Nel 1931 esordì come professionista e vinse, davanti al forte Camusso
di Cumiana, suo fraterno amico e accanito avversario dello sport, il
Giro di Campania a tappe. L’anno successivo, in una combattuta ed
estenuante Milano-San Remo, si piazzò 5° (era danneggiato nelle volate
perché piccolo di statura e leggero di peso). Giunse 3° nella tappa
Firenze-Genova nel Giro d’Italia e si piazzò 8° in classifica generale.
Sempre nel 1932, partecipò al Tour de France come isolato. A Parigi
risultò 1° in detta categoria e 9° in assoluto. Chi ricorda che cosa
significasse “isolato” nelle corse ciclistiche può apprezzare in tutto
il suo valore l’impresa di Luigi Barral: l’isolato era un corridore non
legato ad una casa ciclistica né a una squadra nazionale, non aveva al
suo servizio nessuno: né tecnici né meccanici, né massaggiatori né
“domestici”. In quel Giro di Francia del 1932 un isolato percepiva 50
franchi al giorno con cui doveva provvedere a tutto. Ma fu appunto in
quell’occasione che il nostro Louî s’impose all’attenzione
dello sport internazionale. Ci rammentiamo ancora degli epici duelli
tra Barral e lo spagnolo Trueba, i due re della montagna, “La puce
italienne et la puce espagnole”, come li chiamavano i giornalisti
francesi.
Nel ’33 il “Barralino” dei giornalisti italiani giunse 2°, dietro al
“ciclone” Piemontesi, nel Giro di Lombardia. Nel ’34, al Giro d’Italia,
si classificò 2° nel Gran Premio della Montagna, davanti al forte e
coriaceo belga Verwaeke ed al suo amico Camuso, offrendo così
un’ulteriore prova dei suoi mezzi come scalatore. Lo stesso anno
giunse, 3° nelle Tre Valli Varesine. Nel ’37, sempre al Giro d’Italia,
si piazzò 3° in classifica finale del Gran Premio della Montagna,
dietro al “fuoriclasse” Gino Bartali e a Mollo.
Ma forse le sue più fantastiche imprese di scalatore Barral le compì
in Provenza, nel corso di gare specifiche. Nel 1932 vinse la scalata al
Mont-Faron sulla Costa Azzurra, e poi il Gran Premio di Nizza. Nel ’33
giunse 2° al Mont-Faron, ma nel ’35 rivinse entrambe le corse e
s’impose nel Criterium della Turbie. Fu di nuovo 1° al Mont-Faron nel
’37, ed il suo record resistette per ben 15 anni! Il Mont-Angel poi fu
“suo” per cinque anni di seguito, dal 1933 al 1937.
Sposatosi con Letizia Toye, una delle più belle ragazze del Roure, si
stabilì a Cagnes-sur-Mer, su quella Costa Azzurra dove lui, semplice e
modesto come un vero montanaro, aveva mietuto tanti allori sportivi.
Abbandonate le corse, continuò ad occuparsi di ciclismo, e quando
d’estate tornava al paese per trascorrere qualche giorno nella casa
paterna, amava conversare a lungo con gli amici che sapeva amanti, come
lui, di quel caro sport che si chiamava ciclismo.
Nel 1961, non potendo più resistere alla nostalgia dell’”ambiente
corsa”, riprese a correre nella categoria “veterani”, allenandosi con
tutta la scrupolosità di cui era capace il suo forte carattere.
Sventuratamente, il suo giorno fatale giunse troppo presto. Il 21
ottobre 1962 si svolgeva a Charbonnières vicino a Lione, il “Trofeo
Vecchie Glorie”. Vi partecipò anche lui, insieme, con molti ex campioni
come Kubler, Vietto, Di Paco, Rubiola, Knecht, Rossi, Lazaridès ecc.
Durante la corsa, Louî entrò in collisione con un altro concorrente e
cadde a terra rimanendo svenuto sull’asfalto. Trasportato all’ospedale
di Lione, vi spirò il 7 novembre senza aver ripreso conoscenza. Il
campione che aveva percorso decine di migliaia di chilometri su ogni
sorta di strade, lungo salite ai limiti del possibile e giù per discese
“à tombeau ouvert”, era andato a chiudere il suo destino su un
pacifico circuito di periferia.
Luigi Barral venne tumulato il 18 novembre 1962 nella tomba di
famiglia a Castel del Bosco. Tra la folla immensa e commossa si
trovavano nomi famosi del ciclismo, come Camusso, Balmamion, Molinar,
Astrua ecc., e moltissimi adulti che avevano seguito, da giovani o da
ragazzi, attraverso i giornali e la radio, le imprese di Luigi Barral.
Quegli adulti serbano ancor oggi una profonda gratitudine verso il loro
convalligiano scomparso per i felici momenti d’entusiasmo e di
passione sportiva che egli seppe offrir loro mediante la determinazione
e la semplicità dell’autentico campione.
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